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Copywriting e ironia? Sì, ma bisogna saperla usare!

Copywriting e ironia, come funziona e soprattutto QUANDO funziona? 

Il tono di voce di un brand è importantissimo per definire identità e pubblico al quale rivolgersi. Ci sono tante sfumature diverse tra cui scegliere e l’ironia è una delle più complesse da maneggiare, perché si rischia con facilità di scivolare nel dubbio gusto o nell’offesa più o meno generalizzata. Insomma, l’ironia è un’arma potente ma a doppio taglio, da utilizzare con cura ed estrema intelligenza per evitare l’indignazione di un pubblico che ha il potere di rendere un brand indimenticabile…e non sempre in senso positivo. 

Sono anni che il taglio ironico è uno dei tanti TOV del marketing, tra gli esempi italiani ricordiamo Ceres che ci ha abituato bene con pubblicità creative e interessanti. Taffo è quello più famoso sui social e non penso servano presentazioni, comunque le facciamo lo stesso: Taffo è un’agenzia di pompe funebri che ha scelto l’ironia come tratto distintivo della sua comunicazione, sia sui social che sulle affissioni.

logo taffo con bara tipo banana cattelan

La loro strategia è stata sin dall’inizio quella di rendere più “leggero” un argomento pesante, e sebbene l’idea sembrasse piuttosto folle ha funzionato. Certo, non sono mai mancate critiche e più volte il pubblico sui social si è diviso davanti a contenuti ritenuti azzardati, certo è che Taffo ha saputo dosare l’ironia nel modo corretto e questo lo ha portato a rafforzare il brand e renderlo riconoscibile oltre che unico. Qualcuno ha provato a copiarlo ma con scarsi risultati, anche perché Taffo è un pioniere e tutti quelli dopo di lui sono state scadenti imitazioni. 

Inoltre, la strategia di Taffo non è solo fare i simpatici ma proporre servizi a prezzo più abbordabile, perché il funerale costa: i vantaggi sono evidenti, il brand si distingue, magari non piace l’ironia ma diventa difficile dimenticarlo e/o ignorarlo.

Qual è il limite dell’ironia?

Nel caso di Taffo l’ironia funziona perché si collega spesso ai trend e i meme popolari in corso, e già questo la rende comprensibile a un pubblico piuttosto vasto, inoltre non scade mai nel sarcasmo o nell’offesa. Il limite da non scavalcare non è oggettivo: ci sono persone che appartengono a minoranze e si sentono discriminate, altre più autoironiche che preferiscono riderci su. Così come esistono persone che sanno riconoscere l’ironia e interpretarla correttamente, altre che non la capiscono e si indignano. 

Un determinato argomento trattato con leggerezza può divertire qualcuno e ferire qualcun altro. Insomma, il target giusto sarebbe un target intelligente ma Taffo vende un servizio per tutti, quindi ha semplicemente lasciato al pubblico la libertà di scegliere se gradire o meno il suo approccio. E in tanti lo hanno gradito, così come tanti lo trovano inopportuno e offensivo a prescindere dall’utilità del servizio proposto. 

Ma quindi l’ironia nel copywriting si può usare sì o no?

La risposta è ma:

-solo se sei una persona in grado di capire cosa è ironico e cosa no

-se conosci gli argomenti sensibili da cui è meglio stare alla larga

-se tieni bene a mente che un testo ironico senza un’immagine che ne completa o scardina il significato non si capisce. Inoltre, bisogna utilizzare situazioni conosciute ai più altrimenti il messaggio che passa risulterà incomprensibile.

In sintesi, devi essere intelligente tu ma deve esserlo anche il modo con cui ti rivolgi al tuo target, e soprattutto il prodotto o servizio su cui applichi il tov ironico. Non tutti i brand si prestano a una comunicazione di tipo ironico (a meno che non si stravolge l’ordine delle cose come ha fatto Taffo) e quindi tutto sta nel comprendere il “carattere” del brand, definendo a priori e con estrema attenzione quella che deve essere la sua identità. 

Ironia e umorismo vanno sempre calibrati in base alle situazioni e al pubblico di riferimento. Tieni presente che il pensiero comune sugli argomenti cambia spesso in maniera repentina, per cui una cosa che fino a ieri poteva passare per gioco domani potrebbe diventare un argomento sul quale scherzare non sarebbe proprio un’ottima mossa.

L’intelligenza che ho tirato in ballo finora è quella emotiva che, unita alla sensibilità, permette alle persone di comprendere i famosi limiti di cui parlavamo poco sopra.

Per cui, in sintesi, osare va bene ma solo quando si ha la certezza di non offendere nessuno. Un brand che utilizza una chiave di comunicazione ironica senza saperla maneggiare rischia di andare incontro a una gogna mediatica che può intaccarne la reputazione anche dopo anni.

Un esempio recente: il caso piattinidavanguardia 

Proprio qualche giorno fa si è scatenata una polemica sul profilo Instagram di @piattinidavanguardia, brand che vende piatti, tazzine e porcellane dipinte a mano con scritte ironiche e messaggi divertenti.
In occasione della festa della mamma, @piattinidvanaguardia propone una tazza da regalare alla genitrice con la scritta: “Un po’ la Franzoni la capisco”.
Ora, questo è black humour, e se si definisce black un motivo c’è. Ciò non significa che debba piacere ma bisogna attuare un meccanismo di decodifica del messaggio, astrarre il senso reale della frase e sostituirlo con uno generico, in poche parole: interpretarlo.

Il problema di questa frase nello specifico è che ha sconvolto gran parte degli utenti, che hanno trovato inopportuno il messaggio ma anche l’idea di regalare una cosa del genere alla propria madre. Scherzare sulla morte, sulle tragedie e su specifiche categorie di persone non è divertente, per questo è stato inventato il black humour. Solo che il black humour non è per tutti, anzi, è per pochi. Pochissimi

Promuovere una tazza con una frase del genere fa esplodere una shitstorm tra i commenti, e infatti la pagina li ha disattivati dopo aver cercato di difendere la propria posizione, peggiorandola. 

Secondo te su quali prodotti non è proprio il caso di usare l’ironia?
Dimmi che ne pensi!

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