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Il rebranding di Barbie 

In vista dell’uscita del tanto atteso film di Barbie con Margot Robbie parliamo di quando, qualche anno fa, il rebranding ha trasformato la bambola Mattel da modello irraggiungibile a simbolo di inclusività.

La storia di Barbie, la bambola più famosa del mondo, è fatta di successi, principalmente, ma anche di innovazione e cambi di rotta che ne hanno delineato un percorso a ostacoli, per arrivare al giorno d’oggi ancora in corsa in attesa della prossima evoluzione. Già, perché sarà pure di plastica ma Barbie non è mai rimasta immobile davanti ai cambiamenti: si è adattata ed è riuscita a farlo molto bene, conquistando anche le nuove generazioni e dimostrando che restare al passo coi tempi è la chiave del successo a lungo termine.

La storia di Barbie 

Barbie nasce nel 1959 come alternativa alle bambole con cui, all’epoca, le bambine erano solite giocare a fare la mamma; con Barbie quelle stesse bambine potevano immedesimarsi in una figura femminile diversa, più libera, alla moda, riconoscendola come quello che si poteva definire un modello a cui aspirare.

Un modello che però, col trascorrere del tempo e con il cambiare della società ha iniziato a vacillare: Barbie rappresenta da sempre una donna bionda con gli occhi azzurri, moglie e madre e anche lavoratrice – almeno dagli anni ’70 in poi – ma limitata dalle sue stesse caratteristiche. La critica crescente nei confronti di Barbie riguardava infatti la sua immagine; le bambine si identificavano in un ideale di donna che non sarebbero mai diventate, fisicamente parlando Barbie è sempre stata uguale a se stessa, rappresentando dunque una minoranza. 

Questa mancata identificazione, unita al desiderio di raggiungere canoni estetici così ben definiti, ha sollevato l’ipotesi di problemi di autostima nelle bambine durante la fase della crescita. Se negli anni ’70 i genitori non si curavano troppo di queste dinamiche, oggi la salute mentale dei bambini è un argomento delicato e di grande interesse, al quale si è iniziato a dare risalto dagli anni 2000 in poi. L’anno di inizio della crisi di Barbie è il 2014, quando si registra un vertiginoso calo di vendite per la bambola più famosa del mondo, che pareva destinata a percorrere il viale del tramonto dopo tanti anni di successo e approvazione.

Questo cambio di percezione nei confronti di Barbie è avvenuto da parte dei genitori, non dei bambini, per questo è bene ricordare che, sebbene Barbie sia un giocattolo destinato ai bambini i consumatori – ovvero gli acquirenti – sono in realtà i genitori, dunque gli adulti. Adulti che negli ultimi anni sono diventati molto più attenti riguardo questioni come la crescita dei bambini, il loro sviluppo psicologico legato a stereotipi, al genere e l’identità sessuale, alla rappresentazione del corpo femminile. 

Il 2015 è l’anno in cui la Mattel decide di cambiare rotta decretando che l’era della Barbie bionda, magra, alta e coi tacchi era finita.
Il nuovo canone di donna a cui i più piccoli dovevano ispirarsi fa delle imperfezioni un punto di forza, ed è orgogliosa del proprio corpo e della propria identità culturale. Il mondo, d’altronde, è cambiato tantissimo negli ultimi decenni: la body positivity e la possibilità di poter esprimere se stessi ha definito il nuovo concetto di Barbie, non più una donna infallibile con una vita incredibile e lavori prestigiosi ma una giovane ragazza con infinite possibilità di realizzazione personale. 

Tant’è che il nuovo slogan di Barbie è You can be anything.

Le ragioni del successo di Barbie dopo il rebranding

Il riposizionamento di Barbie sul mercato del 2015 dimostrò che la strada intrapresa era giusta, a fronte di un aumento delle vendite oltre il 20%. Il pubblico intercettò subito il cambiamento e lo approvò, considerandolo un passo coraggioso per un giocattolo che aveva fatto storia, e che la storia stessa aveva provato a mettere nell’angolo.

La strategia di marketing adottata per riportare Barbie ai fasti del passato è stata quella che in ambito di marketing si definisce rebranding: ma cosa significa?
Il rebranding è un cambiamento strategico di un marchio che decide di rinnovarsi in termini grafici (con un nuovo logo, ad esempio) o in termini di identità e valori da veicolare. Nel caso di Barbie il rebranding aveva come scopo il rinnovo del posizionamento della bambola sul mercato, ma anche un rinnovo di valori attraverso la presentazione di un modello più in linea con i tempi moderni.

Ovviamente non ci si è limitati al rinnovo di immagine e il rebranding è stato affiancato da una nuova comunicazione più efficace, con strategie di marketing ad hoc.
Barbie doveva tornare a ispirare i bambini di tutto il mondo dando loro la certezza, non più solo l’illusione, di poterlo fare a prescindere da tutto, incluso il colore della pelle o la forma del corpo. Ricordiamo ancora una volta che queste operazioni di marketing non sono mai state rivolte a chi gioca con le Barbie ma a chi le acquista. Il segmento di target da riconquistare sono stati dunque i genitori, in larga parte Millennials, che con le Barbie ci sono cresciuti e hanno ricordi legati al brand. Genitori giovani e un po’ nostalgici, dunque, ma consapevoli nonché parte attiva dei cambiamenti sociali in corso. 

La nuova Barbie è diventata subito portavoce di un tema fondamentale negli ultimi anni, quello dell’inclusività; oggi ogni bambina o bambino può trovare la Barbie che gli assomiglia, che l* ispira e con cui potersi identificare: i corpi non sono più solo alti e longilinei ma di tutte le forme, così come il colore della pelle e i tratti somatici. Di recente sono stati integrati nuovi modelli che valorizzano la bellezza nelle sue forme meno canoniche e i nuovi modelli di Barbie sul mercato sono aumentati anno dopo anno. 

Le fasi del rebranding di Barbie 

Il rebranding è partito da un’attenta analisi della comunicazione social; può sembrare strano – e forse un po’ impensabile nell’era in cui i social dettano legge – ma l’azienda non aveva considerato granché i feedback dei genitori, prestando scarsa attenzione alla considerazione che il pubblico aveva maturato negli anni nei confronti del brand. Da qui si sono resi conto che le critiche riguardavano tematiche delicate e importanti come la scarsa rappresentazione della diversità e stereotipi di genere, e da qui sono partiti per riposizionare la famosa bambola sui social. 

I social servivano per portare al target una nuova prospettiva attraverso nuove campagne, spesso affidate a influencer, che hanno dato in tempi brevi visibilità al cambiamento intrapreso dall’azienda. 

La comunicazione non era più basata sulla bellezza e sull’idea che Barbie fosse il modello a cui aspirare, ma sull’intenzione di dare a ogni bambin* la possibilità di identificarsi in modelli diversi, professionalmente ed esteticamente parlando. E qui entra in gioco il vero cambiamento di Barbie, che da modello unico si è trasformato in tanti modelli diversi, valorizzando la diversità e mostrandola come punto di forza profondamente legato alla bellezza soggettiva, che passa attraverso caratteristiche uniche che ognuno di noi possiede, siano esse fisiche o legate alla cultura di appartenenza. 

Il restyling, infine, ha dato a Barbie una nuova forma, che ha incluso non solo carnagioni diverse ma anche un piede più piatto per sdoganare le scarpe col tacco a favore di un look più sbarazzino e informale. Da questa prima variazione col tempo se ne sono aggiunte altre, sempre più evidenti, tanto che oggi Barbie ha diverse corporature (può essere sia bassa che alta, magra o formosa) e ha diverse combinazioni di colori tra pelle, capelli e occhi. 

Adesso sì che i bambini possono trovare il loro modello ed essere tutto ciò che vogliono. 

Cosa ci insegna il rebranding di Barbie 

In termini di comunicazione, questo caso studio ci insegna quanto sia fondamentale tenere sempre in considerazione il parere dei consumatori che, con le critiche più o meno costruttive, tracciano la strada da seguire per migliorare un prodotto o un servizio.
Altrettanto importante usare i social per comunicare un valore nel modo corretto, attraverso una strategia in cui i valori non sono vengono espressi ma diventano il prodotto stesso; oggi chi acquista una Barbie lo fa per promuovere proprio i valori di unicità che incarna, e insegnarli ai propri figli attraverso il gioco. 

Infine, cosa ben più importante, non avere paura di cambiare radicalmente: spesso il cambiamento fa paura, specie quando il brand ha una lunga storia alle spalle, ma soltanto accogliendo il cambiamento si sopravvive in un mercato sempre più dinamico e in continua evoluzione. 

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